Il grazioso borgo ternano di origine longobarda fa parlare di sé per la sua misteriosa risposta alla morte.
Ferento era una “Civitas Splendidissima“, dedita all’agricoltura e all’allevamento ma soprattutto alla lavorazione e commercio del ferro, facile da reperire in grandi quantità nel territorio circostante. Quest’attività le permise di diventare ricca, opulenta e vivere un periodo di crescente splendore durante la dominazione romana. Fu la caduta dell’impero romano a causarne il declino quando Bizantini e Longobardi si contesero il potere nello scacchiere politico a colpi di invasioni e saccheggi. Anche il papato si inserì in questo gioco di guerre e conquiste ai danni dell’impero Bizantino e seppe approfittarne il re longobardo Liutprando, uomo intelligente, lungimirante, ambizioso, saggio legislatore e abile condottiero. Per contrastare e controllare da vicino il ducato di Spoleto, nel 740 Liutprando lasciò Ferento e si avventurò in Umbria, giungendo in Valnerina nella zona rigogliosa che oggi è nota per la bellezza della Cascata delle Marmore e del parco fluviale del fiume Nera. Era una zona disabitata, selvaggia e paludosa ma ricca d’acqua e Liutprando ne bonificò il terreno e vi si insediò. Fu così che nacque Ferentillo (dal latino “Ferentum illi” ovvero “quelli di Ferento”), il piccolo borgo il cui nome ricorda la città dalla quale Liutprando, i suoi sudditi e parte del suo esercito erano partiti.
Ferentillo ha le spalle coperte dai monti Sant’Angelo e Gabbio, sui quali si arrampica dolcemente per un’altezza di duecentosessanta metri sul livello del mare; a valle scorre il fiume Nera, che la divide nelle due piccole frazioni di Precetto e Matterella. Ciascuna frazione ha una sua rocca. Quella di Precetto ha forma triangolare con al vertice una torre quadrata di vedetta; venne utilizzata per fronteggiare le invasioni saracene dell’890. Ha mura medievali che si allungano verso l’abitato nell’accenno di un abbraccio protettivo. Quella di Mattarella invece presenta al centro il cassero quadrato con bastioni cilindrici e fu eretta tra il XII e il XIII secolo. Entrambe sono in alto, silenziose e decadenti, spettatrici e testimoni in rovina di secoli di guerre e contese tra Spoleto, Foligno e Narni, fino alle sanguinose e relativamente recenti repressioni dei francesi contro gli insorti umbri avvenute nel 1799; erano state edificate per difendere l’abbazia di San Petro in Valle, risalente all’VIII secolo e ancora vegliano sulla Valnerina e osservano lo sporadico passaggio degli abitanti e turisti che, lasciata l’auto da qualche parte sul ciglio della strada provinciale SP209, entrano nella graziosa piazzetta pedonale chiusa dalle fioriere che costituisce il punto di partenza per l’esplorazione di Precetto. Da qui un rapido sguardo al panorama permette di individuare subito la bella facciata quadrata della chiesa di Santo Stefano, sorta su una precedente chiesetta medievale per volere della famiglia Cybo, Signora di Ferentillo dalla fine del XV secolo fino al 1730. La chiesetta medievale non fu distrutta ma modificata e usata come base, diventando una cripta che, secondo la leggenda, fu riempita di terra proveniente dalla Terrasanta per poterci sotterrare i defunti. È facile arrivare fin qui seguendo la stretta strada acciottolata che sale con una banda centrale di piccoli gradini in pietra. La chiesa di Santo Stefano si erge su una piccola piazzetta in posizione panoramica, da cui la stradina prosegue per arrivare verso la cima del monte in prossimità delle mura della rocca. Alcune piccole fioriere e qualche tocco di colore sugli infissi delle case rallegrano lo sguardo facendo dimenticare la fatica dell’ascesa.
“Oggi a me domani a te .
Io fui quel che tu sei,
tu sarai quel che io sono.
Pensa mortal che il tuo fine è questo,
e pensa pur che ciò sarà ben presto”
Questa iscrizione annuncia l’entrata al Museo delle Mummie ospitato nella cripta della chiesa di Santo Stefano. Quando l’editto napoleonico di Saint Cloud vietò la sepoltura all’interno delle mura cittadine, la cripta di Santo Stefano perse la sua funzione e si iniziò a riesumare i corpi per poterli sotterrare nel nuovo cimitero extraurbano. Fu allora che con stupore, meraviglia, superstizione e curiosità si constatò che alcuni corpi, invece di decomporsi, si erano mummificati al punto da conservare denti, capelli, peli, brandelli di pelle, labbra, orecchie, genitali e addirittura i lineamenti del viso e gli abiti con cui i defunti erano stati seppelliti. Qualcuno denunciò l’opera del demonio, qualcuno pensò ad un miracolo, gli scienziati iniziarono a studiare il fenomeno e fare esperimenti. Si iniziò a ricostruire la storia dei defunti intervistando i parrocchiani. Tra le salme c’è una coppia di ricchi sposi cinesi venuti in Italia in viaggio di nozze e morti a Ferentillo durante il periodo della peste nera intorno al 1750. C’è un soldato francese morto per impiccagione. C’è una giovane madre morta di parto con accanto il suo neonato. Il corpo di una donna ha ancora addosso l’abito da sposa. Lo loro storie e altre ancora sono raccontate nel foglio esplicativo che viene consegnato all’entrata del museo. I corpi mummificati sono esposti dentro teche aperte ai lati per permettere l’aerazione. Fa freddo dentro la cripta e la luce è fioca: i neon sono girati verso le pareti. La curiosità mi ha spinta a guardare ma la pietà mi ha impedito di scattare foto. All’interno della cripta l’atmosfera è immobile.
Dagli studi è emerso che il processo di mummificazione è stato completamente spontaneo e che è dovuto principalmente ad un’essiccazione totale delle parti molli. Non è certo che cosa abbia causato l’essicazione. Forse un microrganismo o un fungo che vive nella terra, forse la composizione chimica della terra, un composto di sali di calcio, calcare e argilla; forse una reazione dei componenti all’aria; forse una combinazione di questi fattori. Forse il suolo ha favorito la disidratazione dei cadaveri sepolti, mentre l’ambiente fresco ed asciutto, ventilato attraverso finestre continuamente aperte, avrebbe potenziato il processo. L’unica certezza è che i cadaveri furono sepolti a diretto contatto con la terra.
Non so se sia la curiosità, la pubblicità o il fascino del macabro ad attirare ogni anno migliaia di visitatori da tutta l’Europa, dal 1992 ad oggi, rendendo il Museo delle Mummie di Ferentillo uno dei musei più visitati in Umbria. Qualunque cosa vi si vada cercando la visita alla cripta è un’esperienza toccante che lascia un senso di meraviglia o stupore misto a turbamento. La mummificazione di quei corpi è un mistero rimasto ancora senza risposta, in fondo come il senso della vita e della morte.
Città Ferentillo
Provincia Terni
Regione Umbria
Coordinate GPS 42°37′17″N 12°47′25″E
Come arrivare
In auto: dall’Autostrada del Sole A1. Seguire l’autostrada A1 fino all’uscita di Orte, poi imboccare il raccordo autostradale Terni-Orte. Proseguire lungo la superstrada E45 Terni-Cesena seguendo le indicazioni fino a Ferentillo.
In treno: la stazione ferroviaria più vicina è quella di Terni. Da lì si raggiunge Ferentillo con i mezzi pubblici.
Cosa visitare nei dintorni
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