Nel comune di Prali, in una suggestiva valle alpina nel torinese, è possibile visitare un tratto di una miniera di talco ormai dismessa, messa in sicurezza e trasformata in un museo. Qui, seguendo una visita guidata davvero esaustiva, è possibile imparare molte cose sul processo estrattivo del talco, sulla vita in miniera, sulla storia e l’impatto che ha avuto nell’economia della valle e perfino sul presente in cui viviamo.
Usciamo dallo spogliatoio dove abbiamo lasciato gli zaini e le borse ingombranti. Indossiamo felpe e giacche a vento, calziamo scarponcini e sulla testa portiamo un caschetto giallo numerato: siamo pronti ad iniziare la visita guidata alla miniera Paola, la miniera di talco più grande d’Europa tra quelle aperte alla visita del pubblico.
Siamo in Val Germanasca, una valle alpina del comune di Prali, a un’ottantina di chilometro a sud-ovest di Torino; il cielo è grigio e le ultime gocce di pioggia hanno disegnato piccoli cerchi sulle pozzanghere attraversate dal binario che punta dritto nel cuore della galleria. Ci raduniamo intorno alla nostra guida che con simpatia e perizia ci prepara alla visita: vedremo la galleria di carreggio principale della miniera, quella a quota 1265 metri sul livello del mare e percorreremo un anello sotterraneo adiacente ai cantieri di estrazione. Questi sono stati dismessi nel 1997 e messi in sicurezza per renderli visitabili, per evitare che con lo smantellamento ed il graduale abbandono della miniera fosse dimenticato un pezzo di storia legato alla dura vita dei minatori della valle e all’importanza che l’estrazione del talco ha avuto nell’economia locale.
La nostra galleria è solo una tra tante, un livello o piano di estrazione, un’ “autostrada scavata nella roccia”, collegata agli altri piani da cunicoli, alcuni dei quali ripidi e percorsi da scale fatte da traversine scivolose e infide.Entriamo nella galleria; il buio rende un po’ incerto il passo e mentre gli occhi si abituano all’oscurità notiamo le pozzanghere e il modo in cui le rotaie del binario affiorano dalla roccia scavata. Arriviamo così al trenino dei minatori, arancione, fatto di piccoli vagoni scoperti, ciascuno con quattro scomodi seggiolini di legno. Dopo averci caricato il trenino parte sferragliando e percorre veloce circa un chilometro di galleria rivestita a tratti da assi o travi di legno che lo mettono in sicurezza. Nei piccoli cunicoli laterali ci sono delle sagome che rappresentano i minatori al lavoro: li vediamo di sfuggita mentre ci passiamo accanto, veloci, con l’aria fredda che fa gelare le mani. Appena scesi dal treno iniziamo il nostro percorso a piedi e passiamo di fronte alla baracca del caposquadra, interamente rivestita di legno e allestita con attrezzi e registri sul mobilio spartano.
Fa caldo qui nelle viscere della montagna; sul soffitto a volta e lungo le pareti corrono tubature che trasportano l’aria compressa utilizzata al posto dell’elettricità per il funzionamento dei macchinari come argani, motoseghe ed altri strumenti: infatti l’umidità dell’aria potrebbe rendere pericoloso l’utilizzo dell’energia elettrica e la lunghezza dei cavi necessari per trasportarla, misurabile in chilometri, sarebbe una soluzione poco efficiente per l’alto rischio di dispersioni.
Calpestando un soffice tappeto biancastro continuiamo a seguire i binari e la nostra guida; ci sono lampade ad acetilene alle pareti e piccole e frequenti diramazioni che sono gallerie di estrazione puntellate da armature di legno. Il talco è un minerale talmente friabile che è possibile sgretolarlo con la semplice pressione d’un’unghia; tuttavia si scava a colpi di esplosivo. Nel diciannovesimo secolo si usava la dinamite che poi è stata sostituita da gelatine fatte esplodere da detonatori, più sicure e resistenti all’umidità.
Ci hanno fatto sentire il boato di un’esplosione. Anche se volutamente attenuato, il boato ha squarciato il silenzio in modo sconvolgente. Le detonazioni venivano annunciate per dare tempo ai minatori di mettersi al riparo fuori dal rettilineo lungo cui sarebbero volati con violenza rocce e detriti. Le esplosioni erano fatte in sequenza, causando un frastuono spaventoso ed assordante. I detriti venivano rimossi e il nuovo pezzo di galleria messo in sicurezza. Si procedeva così di circa 50 metri al mese; un metro cubo di talco pesa quasi tre tonnellate. Si seguiva la vena di talco che affiorava dalla parete e si prelevavano dei campioni usando la macchina carotatrice. Se pensiamo agli strumenti ad aria complessa utilizzati qui possiamo quasi farci un’idea del frastuono con cui i minatori dovevano fare i conti ogni giorno, spendendo le proprie giornate nella polvere, nella semioscurità, nella fatica del duro lavoro, spostando pesanti carichi di talco, arrampicandosi sulle ripide discenderie e rimonte mettendo i piedi sulle traversine rese scivolose dall’umidità. Tutto ciò non appartiene solo al passato: anche se questa galleria è stata dismessa, ce ne sono altre ancora in attività e il talco viene ancora estratto, anzi risulta essere il minerale di pregio maggiormente esportato dall’Italia. È più presente nella vita di tutti i giorni di quanto sia facile immaginare: il cosiddetto “oro bianco” che qui è il “Bianco delle Alpi” non solo è insostituibile nell’industria cosmetica: essendo infondibile è un ottimo elemento di rinforzo per le plastiche delle automobili ed elettrodomestici che rischierebbero di sciogliersi quando sono esposte al calore; essendo untuoso è ottimo per far funzionare gli ingranaggi dei macchinari; essendo inerte ed insapore è utilizzabile nell’industria alimentare e farmaceutica ed in particolare è usato come distaccante delle caramelle, nelle gomme da masticare, nelle pastiglie, capsule e nei mangimi. È impiegato nell’industria cartaria, viene aggiunto nelle pitture e vernici e viene usato nelle ceramiche e nei bitumi. Nel piccolo museo che precede l’entrata della galleria sono esposti dei piccoli oggetti di uso quotidiano fatti di talco, come un ferro da stiro, pentole e recipienti.Mentre prendiamo coscienza di una realtà che da sempre è davanti ai nostri occhi ma sulla quale non abbiamo mai riflettuto, il nostro giro ad anello si conclude e risaliamo sul trenino che, sferragliando, ci riporta indietro, al calore del sole e alla luce dell’aria aperta.
Città Prali
Provincia Torino
Regione Piemonte
Coordinate GPS 44°55’29.3″N 7°03’58.6″E
Come arrivare
In auto: da Torino. Dalla Tangenziale di Torino imboccare l’autostrada per Pinerolo (A55). Procedere in direzione Sestriere lungo la S.R.23. Quindi seguire le indicazioni per Prali e/o ScopriMiniera/ScopriAlpi lungo la variante a scorrimento veloce.
In autobus: dall’autostazione di Torino in corso Bolzano partono gli autobus della SADEM che collegano Prali. Per informazioni su orari e costi è possibile consultare il sito: http://www.sadem.it/it/prodotti/orari/visualizza-orari-per-comune.aspx
Cosa visitare nei dintorni
Ci sono numerosi sentieri che partono nei pressi dell’ecomuseo. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet: http://www.ecomuseominiere.it/territorio/sentieri-e-escursioni/ .
Per saperne di più
È possibile trovare tutte le informazioni relative all’ecomuseo della Paola sul sito internet: http://www.ecomuseominiere.it/.
Visits: 1216
Molto interessante non sapevo che in Italia ci fosse questa miniera.
Ciao Lorena! Ho scoperto la miniera grazie al Club Alpino Italiano, sezione di Corsico, che ha organizzato un’escursione culturale e naturalistica. La visita alla miniera non è faticosa ed è molto interessante. Anche il museo illustra tanti aspetti sul talco di cui non ero a conoscenza. Ad esempio, non immaginavo che si potessero creare oggetti di talco come pentole o ferri da stiro!
Buongiorno. Sono interessata al ferro da stiro in talco. Come potrei riceverlo? Tramite quali contatti?
Buongiorno. Può provare a contattare il museo ma non credo che il ferro da stiro sia in vendita.