Titolo Tempo di regali
Autore Patrick Leigh Fermor
Genere Biografia
Prima pubblicazione 1977
Un genio irrequieto e ribelle si mette in viaggio in cerca di ispirazione, inebriato dalla prospettiva di nuove esperienze su cui scrivere e dal senso di libertà che avrebbe provato nei giorni a venire.
“Il 9 di dicembre del 1933 stava finendo, io non sarei tornato fino al gennaio del 1937 – in un’altra vita, sarebbe parso allora – , sentendomi come Ulisse, “plein d’usage et de raison” e, nel bene e nel male, del tutto cambiato dai miei viaggi”.
Con questo spirito, ancora diciannovenne, il 9 dicembre 1933 Patrick si imbarcò su un battello in partenza da Londra con destinazione sulla costa olandese; prese un treno fino a Rotterdam e da qui iniziò il suo lungo viaggio a piedi che lo avrebbe portato fino a Budapest nel primo libro e fino a Costantinopoli nella continuazione, seguendo il Reno prima e il Danubio poi, attraverso un’Europa non ancora sconvolta e devastata dalla guerra, attraverso città non ancora rase al suolo dai bombardamenti e poi, in certi casi, ricostruite. Anche se talvolta può diventare prolisso, la ricchezza dei particolari permette di visualizzare dettagli e rivivere atmosfere di un’altra epoca. I paesaggi descritti sono resi familiari dal confronto con quadri visti nelle pinacoteche; i suoni delle lingue ascoltate ed imparate durante il viaggio sono confrontati tra loro con esempi per coinvolgere il lettore anche sul piano uditivo.
Straordinari esempi di accoglienza e gentilezza lo accompagnano durante tutto il viaggio; farà esperienze uniche e meravigliose, descritte talvolta con ingenuità e talvolta con l’autoironia di chi rivede il proprio passato a distanza di anni.
Ho letto questo primo libro alternando curiosità, entusiasmo e noia: lunghe dissertazioni mi hanno allontanata in una rete di erudizione talvolta eccessiva ma le descrizioni minuziose mi hanno permesso di rivedere città che ho visitato e confrontarle con quello che erano prima della guerra. Aneddoti e curiosità hanno reso i racconti più vicini e ammiro e condivido lo spirito vagabondo che ha spinto il giovane Patrick a compiere “il viaggio della vita”: un viaggio che cambia, che fa crescere, che tramite la conoscenza del diverso permette di comprendere meglio il mondo e ciò che ci circonda.
Credo che un vero Viaggio sia una delle esperienze più importanti e formative che si possano fare, un modo per fare nuovi incontri e conoscenze, mettersi alla prova e toccare con mano e in profondità le pieghe e le sfumature della propria anima.
Sarebbe bello se la lettura di questo libro fosse fonte di ispirazione per viaggiatori nuovi e già temprati; per questo ne consiglio la lettura.
Ringrazio il caro amico Andrea per i saggi consigli.
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