Nell’alta Val Venosta, quasi al confine di Stato, dal lago di Resia emerge un campanile antico, famoso ma poco conosciuto. Distratti dalla bellezza del panorama alpino, in pochi ricordano la storia di Curon Venosta.
Aquiloni colorati volteggiano nel cielo, trascinando i kite-surfer sulla superficie del lago di Resia. Lievi increspature scintillanti ne agitano lo specchio e piccole onde si infrangono contro le sponde di terra e fiori bianchi. Una pista ciclabile, lunga una quindicina di chilometri, corre intorno al lago ed il tratto pianeggiante che da Resia va a Curon Venosta è costituito in parte da una stradina di ghiaia che attraversa un bel prato verde, con qualche panchina che invita a prendersi una sosta ed ammirare il paesaggio. Tutto intorno le montagne abbracciano il panorama fino al cielo, mettendo in mostra boschi ombrosi e pratoni colorati di fiori; l’aria è fresca e leggera e la passeggiata è piacevole e rilassante. Ad un certo punto si inizia ad intravedere la sagoma di un campanile che emerge dall’acqua: è di pietra, in stile romanico, con il tetto piramidale ed una trifora nella parte superiore della facciata; sotto le finestre c’è il quadrante di un orologio senza lancette. Risale al 1357 ed oggi è un simbolo, raffigurato nello stemma del comune. In inverno, quando il lago ghiaccia, è possibile raggiungerlo a piedi; oggi, con il livello dell’acqua più basso del normale, emerge quasi a filo una specie di passerella che gli gira accanto, percorrendo la quale è possibile avvicinarglisi molto: è un terrapieno sul quale qualcuno, in costume da bagno o pantaloncini corti, passeggia o porta a spasso il cane. Vicino alla riva alcuni bagnanti sguazzano immersi nell’acqua fredda mentre sulla spiaggetta di sassi in molti sono distesi a prendere il sole o in posa per le foto di rito.
Non c’è un paese sommerso sotto questo specchio d’acqua smeraldina: fu fatto saltare in aria usando come esplosivo la nitroglicerina importata dall’Argentina. Curon Venosta, insieme ad altri paesi qui intorno, fu sacrificata per costruire un bacino artificiale che avrebbe alimentato una delle tante centrali che producono energia elettrica per il nord Italia. Era un piccolo paese quasi millenario, composto da un centinaio di case, adagiate su un verde pendio erboso e fertile ed abitate da famiglie di contadini ed allevatori di lingua tedesca. Gli animali avevano a disposizione ettari di pascoli incontaminati ed andavano ad abbeverarsi nella fontana nel centro del paese. Poco più in basso c’era il bel laghetto alpino di Curon, chiamato “Lago di Mezzo” per la presenza del Lago di San Valentino alla Muta poco più a sud e di quello di Resia poco più a nord. Già nel 1910, quando ancora questi territori erano sotto l’Austria, l’abbondanza di bacini idrici aveva suggerito la possibilità di sfruttarli per la generazione di energia elettrica ed era nato un progetto di costruire una diga ed unire i laghi di Curon e Resia. Solo nel 1919, dopo la fine della I Guerra Mondiale, il confine di Stato fu portato al Passo di Resia e questi territori entrarono a far parte del Regno d’Italia; il progetto del bacino artificiale fu messo al vaglio, la concessione fu affidata al gruppo Montecatini di Milano qualche anno più tardi e, nel 1939, furono avviati i lavori di costruzione. Inizialmente era stato previsto un aumento del livello dell’acqua di cinque metri rispetto a quello corrente: in questo modo sarebbero stati inondati dei campi e dei pascoli; successivamente si decise di incrementare il livello di ventidue metri: in questo modo sarebbero aumentati sia l’energia elettrica prodotta, sia i conseguenti guadagni ma i borghi di Curon Venosta, Arlund, Piz, Gorf e parte di Resia sarebbero stati sommersi e quindi perduti. Secondo qualcuno la popolazione non fu avvertita; secondo altri fu affisso dal Genio Civile di Bolzano un avviso in lingua italiana ma in pochi erano in grado di capirlo. Era in corso la II Guerra Mondiale, i lavori furono rallentati e poi sospesi; un bombardamento aereo costò la vita a quattro persone; le privazioni della guerra rendevano tutto più difficile. Nel 1946, inaspettatamente e contro ogni probabilità, i lavori ripresero, finanziati dalla Svizzera. Il coro di proteste ed agitazioni della popolazione, che vedeva mettere in pericolo le proprie case, non servì a niente, né nulla ottenne il parroco Alfred Reiper, che, il 3 luglio 1948, andò fino a Roma per chiedere l’aiuto dell’allora Papa Pio XII. Dopo mille giornate lavorative fu ultimata la diga a terrapieno, lunga quattrocentosettanta metri ed alta trenta. Le famiglie furono espropriate, risarcite del valore irrisorio di 1 Lira al metro quadro e costrette a lasciare le loro case e terre. In molti misero i pochi averi su un carro e se ne andarono altrove; altri si rifugiarono nelle baracche e container costruiti per loro ma del tutto inadatti ad affrontare i rigori dell’inverno. Muti e disperati, rimasero ad osservare le loro case ridotte in macerie mentre il livello del lago saliva piano piano.
“Giorno dopo giorno l’acqua si fa strada, giorno dopo giorno rimbombano le esplosioni e, non appena il fumo si dirada, un’altra casa è stata distrutta.”
Fu così che dell’antica Curon Venosta rimase solo il campanile, salvatosi perché tutelato in quanto bene storico ed artistico, che presto divenne un’attrazione a dispetto del nuovo borgo costruito successivamente un po’ più in alto. Oggi come allora migliaia di turisti vengono a vedere e fotografare il più suggestivo tra i campanili, quello che emerge dal lago di Resia, affascinante elemento immerso in un bellissimo paesaggio alpino. Pochi ne conoscono la storia e notano che non ha più le campane: c’è chi dice di averle sentite suonare in particolari giornate di vento, un suono cupo e struggente come un ricordo lontano. Forse le campane di Curon ricordano le festose e solenni celebrazioni di Sant’Anna, quando la popolazione si riuniva sfilando in processione per le strade di terra battuta, indossando abiti tirolesi, quelli “buoni”, per la festa. Forse descrivono le esplosioni di colore durante le fioriture, quando al posto del bacino idrico artificiale c’era una coppia di laghetti alpini incastonati nel mare verde dei prati, dove pascolavano mansueti bovini grigi alpini. Forse suonano affinché la triste storia di Curon Venosta e della sua gente non venga dimenticata.
Città Curon Venosta
Provincia Bolzano
Regione Trentino-Alto Adige
Coordinate GPS 46°48′30.17″N 10°32′31.77″E
Come arrivare
In auto: da Merano. Si segue la SS38, la Strada Statale dello Stelvio, detta anche Via Venosta, lungo la Valle dell’Adige, in direzione del passo Resia.
In treno: da Merano. Ferrovia della Val Venosta in direzione Malles, la stazione più vicina è quella di Malles e da lì si può raggiungere il lago di Resia con un autobus della SAD, linea 273 (direzione Martina).
Cosa visitare nei dintorni
– Glorenza, piccolo e suggestivo borgo medievale.
Per saperne di più
È possibile trovare tutte le informazioni relative a Curon Venosta sul sito https://www.venosta.net/it/passo-resia/luoghi-di-vacanza/curon.html.
Curon Venosta è il soggetto della serie tv dark-fantasy “Curon”, in onda su Netflix nel 2020; se ti incuriosiscono le location cinematografiche, puoi trovarle qui:
– https://www.travel-experience.it/category/piccoli-borghi/location-cinematografiche/A Curon Venosta è ambientato il romanzo “Resto qui” di Marco Balzano che racconta gli anni del fascismo, la guerra e la costruzione della diga viste con gli occhi di Trina, una giovane madre che soffre per la separazione dalla figlia che spera di ritrovare.
Se vuoi riscoprire le ambientazioni dei romanzi che potresti aver letto, non perderti gli articoli raccolti in questa sezione:
– https://www.travel-experience.it/category/romanzi/Il videoclip ufficiale del brano “Se cadrai” cantato da Francesca Michielin è stato girato nell’inverno del 2013 sul lago di Resia ed il campanile di Curon è ben visibile mentre emerge dal ghiaccio.
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