Situata nel grossetano, nella parte meridionale della Toscana, Sovana è un piccolo borgo pittoresco, erede di lasciti etruschi e medievali e vanta una delle piazze più belle d’Italia, palazzi in tufo e tesori leggendari tornati alla luce.
Un borgo piccolo, a misura d’uomo, antico e misterioso, nel quale storia e leggende si incontrano: Sovana è un luogo sorprendente, generoso di scorci, suggestioni e storie da raccontare. Il giallo ocra degli edifici in tufo ed il rosso mattone della pavimentazione in cotto le danno un caldo aspetto pittoresco; i vasi di fiori e piante ben curati, posti sui balconi, alle pareti e lungo le scalinate, aggiungono un tocco di intensa vivacità. L’architettura medievale e rinascimentale dei palazzi aumenta il suo fascino autentico: Sovana è molto antica, di fondazione etrusca, tra le prime colonie romane ad avere la cittadinanza pur mantenendo la propria personalità; fu longobarda e, intorno al X secolo, passò sotto il governo dei Conti Aldobrandeschi, una famiglia talmente importante da essere citata da Dante nel Canto XI del Purgatorio:
«Io fui latino e nato d’un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se ’l nome suo già mai fu vosco.»
Sotto la guida dei Conti Aldobrandeschi, Sovana prosperò al punto da diventare bella così come possiamo vederla ora: visitarla dà la sensazione di aver fatto un salto nel passato.
Risale a quel periodo l’imponente Rocca Aldobrandesca, posta all’estremità orientale del borgo. Fu costruita su uno sperone tufaceo, in parte poggiando sulle antiche mura etrusche; aveva un corpo centrale di due o tre piani che ospitava gli appartamenti dei Conti, un’alta torre di avvistamento ed il forno ed i magazzini per conservare il grano. Si dice che fosse collegata alle porte del borgo da cunicoli sotterranei che permettevano ai soldati di spostarsi indisturbati in caso di necessità, per uscire di nascosto ed andare a reperire cibo ed acqua. Il tempo e l’incuria lo hanno trasformato in un rudere: i resti di arcate e mensole riportano alla mente cammini di ronda e merlature guelfe mentre, nel grande cortile che fungeva da piazza d’armi, si sono ammonticchiati i conci franati a terra. Da entrambe le facciate della grande finestra quadrangolare si vede il cielo.
Ci vuole davvero poco per arrivare da qui alla Piazza del Pretorio, il cuore di Sovana, una delle cento piazze più belle d’Italia. Proprio lì di fronte c’è l’inconfondibile Palazzo Comunale, che ha due finestre identiche per occhi, una per naso ed un grande portale rettangolare per bocca; per orecchie ha due lampioni, sulla fronte ha un orologio fatto funzionare da ingranaggi antichi e in capo c’è la torretta civica, con la campana che per anni ha scandito le ore delle giornate sovanesi; la mascella si allarga a scarpata fino a toccare terra. Dal XII secolo osserva la vita che scorre per la piazza pavimentata in cotto a spina di pesce ed ha visto i fasti di Sovana come pure le guerre, gli assedi, la miseria. Vide l’estinzione del ramo locale degli Aldobrandeschi ed il matrimonio che sancì il passaggio del borgo alla famiglia romana degli Orsini; vide il dominio di Siena a partire dal 1410 e quello dei De’ Medici iniziato circa un secolo dopo; vide le epidemie di malaria che colpirono la popolazione decimandola; vide il borgo, ormai quasi abbandonato, tornare a fiorire quando le vicine necropoli etrusche iniziarono a richiamare prima studiosi e poi turisti. I suoi ricordi sono trascritti nei documenti custoditi nell’archivio ospitato nel palazzo dal XVII secolo. Sul lato destro della piazza, un’ampia arcata presenta la Loggia del Capitano; accanto, il Palazzo Pretorio fu la storica sede del governo e la sua facciata riporta gli stemmi dei Capitani di Giustizia che hanno esercitato le loro funzioni durante la dominazione senese e fiorentina.
Di fronte, il cinquecentesco Palazzo Bourbon del Monte, subito riconoscibile dalle belle arcate, mura una facciata della duecentesca chiesa di Santa Maria e nasconde parzialmente quella molto più antica ed anonima della chiesa dedicata a San Mamiliano, Patrono di Sovana.
L’aspetto esteriore della chiesa di Santa Maria trae in inganno perché, una volta dentro, vi si viene rapiti: i canti gregoriani in sottofondo e la penombra donano un senso di raccoglimento e pace senza tempo; i bellissimi affreschi ed i giochi di linee degli archi trasmettono armonia. In fondo alla navata c’è un rarissimo ciborio in marmo bianco, forse portato qui dal Duomo molti secoli fa, durante i lavori che trasformarono una chiesa longobarda, posta nell’estremità occidentale del borgo, nella Cattedrale prima romanica e poi gotica che ancora oggi possiamo ammirare. Ne vide i lavori, senza mai vederne la fine, Ildebrando di Sovana, nato in una di quelle case costruite con il tufo all’inizio dell’XI secolo e salito al soglio pontificio con il nome di Gregorio VII, il papa talmente forte e carismatico da permettersi di umiliare pubblicamente il re dei Germani Enrico IV, futuro imperatore del Sacro Romano Impero: lo lasciò per ben tre giorni di fronte all’ingresso del castello di Canossa, al freddo dell’inverno, penitente, in attesa di essere ricevuto per chiedere la revoca della scomunica.
Imponente, quasi completamente costruito in tufo, con i pilastri delle navate fatti con pietre alternate bianche e nere e con colonne sormontate da bellissimi capitelli, il Duomo di Sovana ha un interno luminoso ed elegante; in una nicchia custodisce una pietra tombale che ritrae San Mamiliano e parte delle sue reliquie sono nella cripta. Vescovo di Palermo, vissuto nel V secolo, il Santo ebbe una vita avventurosa e sono molte le leggende che lo riguardano. Si narra che affrontò e sconfisse un ferocissimo drago alato e che alla sua morte un’enorme colonna di fumo si alzò all’improvviso verso il cielo. Di lui sappiamo che visse l’ultima parte della vita sull’isola di Montecristo, in una grotta che presto fu considerata luogo sacro e vicino alla quale fu edificato un monastero. Una famosa leggenda afferma che il Santo custodisse un tesoro. Per secoli pirati e corsari infestarono l’isola, bramando la favolosa fortuna sepolta nella chiesa di San Mamiliano, al punto che Cosimo I de’ Medici ne sconsigliò la ricerca, perché troppo pericolosa. Alexandre Dumas, nel suo romanzo “il Conte di Montecristo”, immaginò come il giovane Edmond Dantès riuscisse a trovare sull’isola uno scrigno contenente inestimabili ricchezze e le spendesse per vendicarsi dei torti subiti ed aiutare amici bisognosi. Non si trattava solo di una leggenda: il tesoro di San Mamiliano esiste davvero ed è stato trovato proprio nella chiesa a lui dedicata, non quella a Montecristo ma questa a Sovana. Era il 2004 e nel corso di una campagna di scavi, al di sotto dei resti di antiche terme romane, che erano al di sotto di alcune sepolture rinascimentali, a loro volte poste al di sotto del pavimento della chiesa da tempo sconsacrata, è stata trovata una olla contenente quasi cinquecento monete d’oro zecchino, coniate nel V secolo e provenienti in gran parte dalle zecche dell’impero bizantino. Raccontano storie di imperatori d’Oriente, lunghi viaggi da terre lontane, commerci e antiche ricchezze. Sono esposte nella chiesetta di San Mamiliano, ormai adibita a museo; sono un tesoro prezioso, parte di un tesoro ancora più prezioso: appartengono al bellissimo borgo di Sovana.
Città Sovana, frazione del comune di Sorano
Provincia Grosseto
Regione Toscana
Coordinate GPS 42°39′26″N 11°38′47″E
Come arrivare
In auto: da Grosseto. Prendere la Via Aurelia SS1 – E80, proseguire sulla Strada Provinciale San Donato fino a Manciano, poi seguire la Strada Regionale Maremmana SR74 in direzione est fino al bivio con la Strada Provinciale di Sovana SP22, che si prende tenendo la sinistra. A questo punto seguire la segnaletica fino a destinazione.
In treno: La stazione ferroviaria più vicina è quella di Orvieto, che dista circa una sessantina di chilometri da Sovana.
Cosa visitare nei dintorni
– Sorano (GR)
– Pitigliano (GR)Per saperne di più
È possibile trovare molte informazioni utili su Sovana sul sito internet: https://www.tuttomaremma.com/sovanaitinerari.htm.
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