Ogni anno, per Carnevale, i Mamuthones e gli Issohadores inscenano la loro danza solenne dalle origini e significato misteriosi.
La musica di un organetto risuona per le strade di Mamoiada che, lentamente, si affollano di visitatori arrivati per il Carnevale.
Qualcuno improvvisa una danza saltellante mentre il battito di una mazza attira una piccola folla di fotografi intorno ad un banchetto: un artigiano sta trasformando un ciocco di legno in una maschera.
Nella piazza principale, dove la segnaletica mostra il passaggio di Clet Abraham, i grandi murales che rappresentano i Mamuthones con un Issohadore, i protagonisti della manifestazione, fanno da sfondo a selfie e foto di gruppo.
Ci sono stand gastronomici che offrono prodotti tipici e, tra un bicchiere di cannonau rosso e corposo ed un morso al pane lentu con purpuzza e patate, il pranzo è un successo inatteso. Non poteva mancare il torrone di Tonara, un’altra specialità sarda.
Siamo in tanti accalcati fuori del cancello della pro loco: se riuscissimo ad entrare potremmo assistere alla vestizione dei Mamuthones. Nella confusione e sotto il sole precocemente primaverile della Sardegna, l’attesa inizia a pesare.
“E se vuoi un carnevale che non ce n’è un altro su tutta la terra, vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno di S. Antonio: vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un carnevale triste, un carnevale delle ceneri: storia nostra d’ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro.” (Salvatore Cambosu, Miele amaro, 1954)
Sopra un abito di velluto scuro, i Mamuthones indossano la mastruca, una pelle di lana grezza di pecora nera; sulla schiena portano dei pesanti grappoli di campanacci detti carriga, legati attorno al torace e stretti forte. Il viso è coperto da una maschera di legno nera, legata con una cinghia di cuoio. La testa è coperta da un fazzoletto scuro. Hanno espressioni cupe, spaventose, con la bocca atteggiata in una smorfia, rievocano la bruttezza del male, della fatica o della sconfitta. Muti come animali o come schiavi, procedono in corteo disposti su due file parallele. Hanno un’andatura solenne ma che procede a scatti: mentre camminano faticosamente a passi lenti, tutti insieme, simultaneamente, con un balzo e un secco colpo di spalle, fanno suonare i campanacci, producendo un frastuono inconfondibile che annuncia il loro arrivo. Sono guidati da un Issohadore mentre altri li seguono, baldanzosi e sgargianti. Sopra la camicia bianca con colletto alla coreana, gli Issohadores indossano un corpetto di panno rosso detto curittu ed una bandoliera di campanellini in bronzo, i sonajolos, a tracolla. Hanno pantaloni bianchi, ghette nere e scarponi. In testa portano un copricapo nero detto berretta, legato con un fazzoletto colorato, e maschere bianche.
Come mandriani, hanno una lunga fune di giunco, molto leggera, che lanciano tra la folla. La loro bravura consiste nel riuscire a prendere al lazo le belle donne; in genere approfittano di un momento di distrazione. Un tempo, gettare il laccio ad una donna era un complimento e ad un uomo l’invito a pagare da bere; adesso il gesto è solo simbolico, un movimento della coreografia generale.
Seguiamo il corteo per le strade di Mamoiada, mescolandoci tra la folla; non ci sono transenne a creare distanze e separazione. Non sembra una sfilata di Carnevale perché ha la solennità di una processione e la coralità di un arcaico passo di danza.
Non se ne conosce l’origine né il significato: potrebbe essere un rito apotropaico, dionisiaco, legato alla pastorizia, o la metafora dei giovani conquistatori fenici venuti ad assoggettare la vecchia civiltà nuragica o la celebrazione della vittoria dei sardi su un gruppo di saraceni venuti a fare razzie.
Intanto, nella piazza principale si danza un antico ballo tradizionale. Tenendosi per mano, le persone hanno creato una grande catena circolare, che cresce ad ondate, si espande e si contrae ritmicamente come un respiro.
Dal gran numero di persone e dalla parlata locale, sembra che tutta la popolazione si sia riversata per le strade, in una grande festa.
C’è chi vende formaggio arrosto, vino o dolcetti sardi all’interno di locali che sembrano box riallestiti per l’occasione. Ogni saracinesca alzata è un invito ad entrare e sperimentare prelibatezze dai nomi esotici.
Ed eccolo di nuovo, cupo, cadenzato, ancestrale, quasi ossessionate: il rumore dei campanacci esercita il suo richiamo. Stanno arrivando.
Città Mamoiada
Provincia Nuoro
Regione Sardegna
Coordinate GPS 40°12′51″N 9°17′01″E
Come arrivare
In auto: I porti passeggeri più vicini a Nuoro e Mamoiada sono quelli di Porto Torres e Cagliari; in alternativa c’è quello di Olbia. Nuoro è collegata dalla SS131 Diramazione Centrale Nuorese della Strada Statale Carlo Felice, che è l’arteria principale che unisce il nord al sud della Sardegna. Mamoiada dista una ventina di chilometri da Nuoro, da percorrere sulla Strada Statale 389var di Buddosò e del Correboi.
In battello: Sono numerose le compagnie che collegano Porto Torres, Olbia e Cagliari al resto d’Italia. Per la comparazione e consultazione dei prezzi dei traghetti da e per la Sardegna www.traghetti-sardegna.it
Per saperne di più
È possibile trovare tutte le informazioni relative a Mamoiada ed ai Mamuthones ed Issohadores sul sito istituzionale della pro loco: https://prolocomamoiada.it/.
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Il 24 luglio 2008 Mamoiada ed i suoi Mamuthones ed Issohadores sono apparsi come soggetto di uno dei francobolli della Serie Turismo, del valore facciale di 0,60 €.
Se cerchi i luoghi italiani immortalati nel celebre ciclo filatelico emesso a partire dal 1974, ne troverai molti nella sezione dedicata:
– https://www.travel-experience.it/category/i-luoghi-della-filatelia/
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