A Milano, tra via di Porta Romana e via Laghetto c’è una zona che fu risparmiata dalla peste manzoniana del 1630. C’è chi vide l’opera del diavolo e chi ringraziò la Madonna ma forse il merito fu del carbone per le sue proprietà disinfettanti.
Sul far della sera, ai lumi delle fiaccole, ecco il pesante portone aprirsi. Ne esce una carrozza trainata da sei cavalli neri come la notte, che presto svanisce tra le strade della città. I lacchè, tutti giovani e di bella presenza, vestono una ricca livrea verde e dorata e sono al seguito del marchese Acerbi. Egli è un uomo ricco e potente, giunto a Milano su incarico del governo spagnolo quindici anni or sono. Dicono sia d’origine ferrarese o forse un senatore, uno studioso di legge ma su di lui tante sono le dicerie. Un contadino recatosi a fare dei lavori all’interno del palazzo lo ha descritto come “…un uomo con aspetto di principe ma con la fronte infuocata e occhio fiammeggiante”. È un uomo imponente, sulla cinquantina, né grasso, né magro, con una barba lunga e ben curata. Ha un fascino diabolico ed una sfacciata ricchezza che ama ostentare.
Appena giunto a Milano, acquistò dal conte di San Secondo il bel palazzo di Via Porta Romana al numero 3 e subito lo fece ristrutturare in stile barocchetto lombardo senza badare a spese. Ampi saloni, marmi, statue, dipinti bellissimi, un elegante scalone a tre rampe che conduce all’appartamento padronale, la facciata ingentilita da graziosi balconcini ricurvi: ogni dettaglio denuncia uno sfarzo immorale: mentre per le strade della città stremata dalla peste risuonano i pianti ed i lamenti dei moribondi e le funeste campanelle dei monatti, l’orchestra continua a suonare per gli ospiti che danzano tra le sale di Palazzo Acerbi. Dalle finestre aperte escono musica e risate ed i giochi di luce delle candele riflesse negli specchi che restano accese per tutta la notte.
Ecco il marchese Acerbi, riccamente ingioiellato: ride incurante della sofferenza e della morte che attanagliano Milano. C’è chi dice che sia il diavolo in persona e che pure la peste gli sta alla larga; sennò come giustificare il fatto che il morbo non ha toccato né lui, né i suoi servi, né i suoi ospiti, né i suoi vicini?
Pochi metri più in là, un lento sciabordio annuncia il passaggio di una barca lungo il canale, verso il laghetto di Santo Stefano. Lì c’è un porticciolo, vecchio di trecento anni, voluto da Gian Galeazzo Visconti. Ormai non serve più a trasportare le pietre per il Duomo ma ci arrivano merci di vario genere ed anche la legna ed il carbone.
Eccoli lì, i Tencitt al lavoro. Sono sporchi di carbone fin sopra i capelli. Per ogni sacco che scaricano si alza una nuvola nera di polvere ma da lassù la Madonna li protegge. C’è chi dice che anche loro vengono risparmiati dalla peste e per questo il loro priore, Bernardo Catoni, ha commissionato un affresco sulla parete della sede della corporazione. Rappresenta la Madonna con un bel mantello, tenuto sollevato da due cherubini per proteggere San Sebastiano, San Carlo Borromeo e San Rocco con il suo cane. Dall’alto vegliano su di noi, sull’Ospedale Maggiore e sul Lazzaretto, dove arrivano gli appestati, attraversando un ponte che dà su un canale; quando muoiono, l’ultimo viaggio li porta ai fopponi, le fosse comuni fuori delle mura della città.
Dopo che il laghetto di Santo Stefano sarà fatto interrare e manterranno il suo ricordo solo i toponimi di una via ed un vicolo; quando i bombardamenti angloamericani metteranno in ginocchio la città senza toccare il palazzo del marchese Acerbi, quasi fosse ancora abitato dal diavolo; quando le persone saranno chiuse nelle loro case, minacciate da un nuovo contagio, il palazzo di Via Porta Romana e la Madonna dei Tencitt saranno ancora lì, a raccontare una storia di superstizione, fede e speranza.
Città Milano
Provincia Milano
Regione Lombardia
Cosa visitare nei dintorni
– Giardini della Guastalla
– Basilica di Santo Stefano Maggiore
Raccontano di storie e leggende relative al periodo della peste manzoniana anche i seguenti articoli:
– Gli untori e la colonna infame (MI)
– La Madonna della Salute (VE)
La storia del marchese Ludovico Acerbi è un filo conduttore per le indagini parallele svolte dal commissario Bruno Ardigò e dall’amico giornalista Federico Malerba per far luce su una serie di brutali omicidi nella Milano dei nostri giorni, raccontata nel romanzo giallo “Gli Angeli di Lucifero”, di Fabrizio Carcano, pubblicato nel 2011.
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