Situato in cima ad un monte a trecento metri sul livello del mare, l’inespugnabile castello di Arechi II protegge Salerno da più di mille anni ed offre un panorama spettacolare a trecentosessanta gradi sul golfo sottostante e sulle alture alle spalle della città.
C’è un castello sulla cima del monte Buonadies: è il vertice di un triangolo difensivo che nel Medioevo cingeva la città di Salerno. Alla base del triangolo c’è il mare, mentre i lati erano composti dalle mura che si inerpicavano lungo i pendii del monte e le cui tracce sono ancora visibili.
Il castello porta il nome di Arechi II, il principe longobardo a capo del Ducato di Benevento, comprendente quasi tutta l’Italia meridionale. Arechi era un uomo colto, lungimirante, un abile stratega celebrato come un eroe, che seppe resistere con la diplomazia agli attacchi del papa Adriano I e del potente esercito di Carlo Magno.
Sposò la principessa longobarda Adelperga, sorella di Ermengarda, una delle figlie del leggendario re Desiderio; con lei promosse iniziative culturali, incentivò il commercio marittimo, eresse bellissimi palazzi e ampliò e fortificò la città di Salerno al punto da farla entrare nel novero delle “opulentissimae urbes” della Campania, accanto a Capua e a Napoli.
Le loro gesta furono cantate dalle cronache del tempo, in particolare dallo storico Paolo Diacono, che per anni era vissuto alla loro corte, e nel “Codex Carolinus”, una delle più importanti fonti documentarie non longobarde dell’età carolingia.
Il castello era “per natura e per arte imprendibile” e mai fu espugnato nel corso della storia: perfino i Normanni guidati da Roberto il Guiscardo, nel 1077, riuscirono a prenderlo solo dopo un lunghissimo assedio che costrinse gli occupanti ad arrendersi per fame.
Nel XVI secolo il castello divenne la residenza dei feudatari di Salerno, i principi Sanseverino, che fecero costruire la splendida terrazza Belvedere che ancora oggi è scelta come location per le foto dei matrimoni.Quando, nel 1812, Ugo Foscolo vide per la prima volta il castello di Arechi, questo era ormai in stato di abbandono ma conservava ancora un fascino tale da dargli l’ispirazione per l’ambientazione della sua splendida, intensa e sofferta tragedia: la Ricciarda.
Il francobollo da 850 Lire della serie “Castelli d’Italia”, emesso nel 1992, mostra il suo aspetto un decennio prima del restauro che lo riqualificò per restituirlo pienamente al pubblico.
Attratta da queste premesse e dalla promessa di un panorama mozzafiato, mi sono incamminata dal centro di Salerno, pregustando la visita. Era una bella domenica serena e ventilata, quindi non mi ha scoraggiato sapere che l’autobus che collega il castello alla città circola solo nei giorni feriali; vedendolo proprio sopra la mia testa, a un’altitudine di circa trecento metri sul livello del mare, ho pensato che arrivarci a piedi non sarebbe stata un’impresa particolarmente faticosa o impegnativa, ma non avevo fatto i conti con la scarsezza delle indicazioni stradali. Fortunatamente la gentilezza delle persone incontrate mi ha rimessa sulla strada giusta.
Più ci si avvicina al castello e meglio si riescono ad apprezzare i pendii rocciosi del monte inverditi dalla macchia mediterranea, mentre la costa magicamente si allontana e si espande; il verde degli alberi sfuma lentamente nell’azzurro-violetto delle montagne in lontananza.
Una volta in cima è possibile girare intorno al castello percorrendo l’antico fossato aragonese; dopo una passerella di metallo c’è una scaletta che sale dove un tempo c’era il rivellino ed al ponte in muratura che ha sostituito l’antico ponte levatoio: siamo giunti all’entrata del castello, protetta da una torretta. Sopra di noi c’è il cielo, talmente vicino che sembra possibile toccarne le nuvole che si rincorrono veloci. Un tempo c’erano camminamenti di ronda orlati dalle merlature e torri di guardia per controllare i movimenti del nemico ed ostacolarlo durante il suo avvicinamento lungo un percorso obbligato, scoperto e faticoso per la salita. Adesso qualche cartello sbiadito non riesce a soddisfare le curiosità, l’allestimento è poco curato, ma ogni spazio diventa una terrazza magica dalla quale affacciarsi e respirare uno smisurato senso di libertà. Sembra quasi di poter volare, con la città di Salerno diventata una piccola miniatura, con il porto e la costa che si estende per chilometri in entrambe le direzioni. Alle nostre spalle il mondo è una distesa di verdi pendii punteggiati di piccoli centri abitati. Ogni arco è la cornice per uno scorcio nuovo, un salto in un mondo antico, fatto di pietra viva.
Infine una lapide riporta i versi della poesia “Lo Stellato”, scritta dal poeta e scrittore salernitano Alfonso Gatto.
Sotto questo stesso cielo, dopo il tramonto, affacciato forse da questa stessa balconata, perso nell’immensità e struggente bellezza di questo paesaggio, nei suoi ricordi e pensieri, il poeta condivide il suo testamento spirituale:
“Quale immagine vedo oltre di me che viva
in quest’ultimo sole,
[…]
Al Castello d’Arechi
in quel grande passato,
nella città ove fui
la vetta solitaria dell’ultimo chiarore,
vedrò nei baci bui notturni lo Stellato
[…]
Basta l’umile accordo di voci e di parole
che mi dica poeta, sarò di chi mi vuole
nel vento della chiara notte che va con lui. ”
Città Castello di Arechi, Località Croce
Provincia Salerno
Regione Campania
Coordinate GPS 40°41′03″N 14°45′18″E
Come arrivare
In auto: La salita al castello di Arechi è vicina al casello autostradale di Salerno.
In autobus: Al castello di Arechi si può arrivare in autobus, LINEA 19 VIA LIGEA – CROCE, che gira solo nei giorni feriali. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito internet http://www.fsbusitaliacampania.it/.
In treno: Stazione ferroviaria di Salerno
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Per saperne di più
È possibile trovare tutte le informazioni relative al castello di Arechi sul sito internet: https://www.ilcastellodiarechi.it/
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