“El dì de San Bias se benedis la gola e el nas” (detto popolare).
Dopo il freddo dei giorni della merla qualcuno già accusa i sintomi dell’influenza ma la tradizione ci viene incontro. Prima c’è il 2 febbraio, la Madonna della Candelora; poi c’è il 3 febbraio e si festeggia San Biagio, protettore della gola.
Biagio nacque in Armenia nella seconda metà nel III secolo; fu medico e vescovo durante il regno e le persecuzioni di Licinio e morì martirizzato e poi decapitato il 3 febbraio 313. La sua figura vive a cavallo tra storia e leggenda.
Un giorno una madre disperata bussò alla sua porta perché il figlio stava soffocando, avendo ingoiato una spina di pesce che gli si era conficcata nella gola. Biagio prese del pane, lo benedì e lo diede da mangiare al bambino; la mollica trascinò con sé la spina ed il bimbo smise di tossire e stette subito meglio.
La notizia si diffuse rapidamente e qualcuno gridò al miracolo; ancora oggi San Biagio viene invocato contro i dolori e le malattie della gola.
La sua festa è celebrata in modi molto diversi a seconda della località; ad esempio, ad Anguillara Sabazia, dove è il Patrono, la statua di San Biagio viene vestita e portata in processione per le vie della città. Altrove, durante la funzione religiosa, i sacerdoti praticano il rito della “Benedizione della gola”, accostando due candele incrociate alla gola dei fedeli, oppure ungendole con l’olio benedetto.
In molte località della Lombardia c’era la benedizione del pane: le donne andavano alla messa del mattino portando in chiesa le pagnotte avvolte in un mantello o in un asciugamano; dopo la benedizione andavano a baciare le reliquie del Santo. A colazione, dopo una preghiera speciale, dividevano il pane tra i familiari, in modo che la protezione del Santo giungesse a tutti i commensali; talvolta, anche gli animali ne ricevevano un pezzetto. Per lo stesso motivo, in alcune comunità contadine, per la messa mattutina di San Biagio c’era l’usanza di lasciare in fondo alla chiesa per la benedizione non solo il pane ma anche un sacco di becchime o di fieno.
In alcuni paesi la festa di San Biagio era l’occasione per organizzare mercatini e fiere con prodotti gastronomici locali.
A Milano si mangiava l’ultimo pezzo del panettone di Natale, appositamente conservato per l’occorrenza.
Tra pani e dolci dedicati, questa festività vanta una varietà gastronomica fortemente differenziata da luogo a luogo.
La tradizione di Busto Arsizio propone “ùl pan d’anàs”, una mattonella di soffice pan di Spagna aromatizzata all’anice. Si può trovare nei panifici e nelle pasticcerie bustocche solo in questa ricorrenza e per assaggiarlo bisogna sbrigarsi, perché va a ruba. Per questo motivo ne riporto qui la ricetta:
Ingredienti
6 uova
100 g. di fecola di patate
100 g. di farina 0
180 g. di zucchero
1 pizzico di sale
1/2 fialetta di aroma all’anice
Preparazione
Per preparare il pan d’anice cominciare col pesare i pochi ingredienti.
Nella ciotola della planetaria mettere le uova, lo zucchero semolato e il pizzico di sale. Montare ad alta velocità per una ventina di minuti, facendo incorporare tanta aria e ottenendo così un impasto con volume triplicato, soffice chiaro e spumoso. Unire l’aroma naturale di anice e amalgamate ancora per un minuto.
Accendere il forno a 150 °C statico.
A questo punto setacciare la farina e la fecola di patate sulle uova montate. Con una spatola amalgamare dal basso verso l’alto molto delicatamente per non farlo smontare.
Imburrare e infarinare una teglia rettangolare 40 cm x 25 cm.
Versare l’impasto nella tortiera e infornate per 45 minuti. Prima di sfornare fare la prova stecchino che deve essere necessariamente asciutto.
A questo punto spegnere il forno, aprirlo e far raffreddare per 5 minuti. Trascorso questo tempo sfornare e lasciare raffreddare completamente.
Tagliare a fette di 3 cm circa dal lato più corto e poi a metà.
Buon appetito!
Ho preso la ricetta dal sito: https://cucina.fidelityhouse.eu
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