“Anche Paestum si è trasformata: campo di ricerca di archeologi, restituisce d’anno in anno i suoi lineamenti alla luce. Rivedo nel ricordo d’anni ancora recenti i tre maggiori templi, […], sperduti in campi erbosi fioriti di papaveri, […]; ora, tra un tempio e l’altro, il terreno è gremito di nuove rovine scoperte. La necessità di conoscere ha contato di più, com’era giusto, della suggestione romantica. […].” G.Piovene
All’improvviso si alza un lamento, melodioso e ancestrale, pieno di angoscia per l’ingiusta sorte di Medea e la vendetta da lei architettata.
La luce sfuma in una nuova tonalità, rivelando nuovi particolari delle colonne del tempio di Nettuno che fa da scena e palcoscenico.
Solo il frinire dei grilli e lo sporadico richiamo dei pavoni ci riporta al presente.
Siamo a Paestum, un pezzo di Magna Grecia nel cuore del Cilento.
Sono passati più di duemilacinquecento anni da quando un gruppo di coloni greci provenienti da Sibari si stabilì qui, attirato dalla vicinanza della foce del Sele e della costa tirrenica, che rendeva questo luogo perfetto che costruire un nuovo porto ed ampliare i commerci. Nacque così la città di Poseidonia, che presto crebbe e prosperò.
Iniziò quasi subito, intorno al 550 a.C., la costruzione di un tempio imponente, dedicato ad Hera, la dea madre. Oggi è noto come “la Basilica di Paestum”. Ha nove colonne sulla fronte e diciotto lungo i lati, capitelli dorici decorati alla base con motivi floreali. Il colore caldo del travertino era ricoperto di calce bianca, sulla quale risaltavano il blu egiziano che rivestiva gli elementi in rilievo sotto i capitelli e l’intenso rosso cinabro delle metope e parte delle cornici dei frontoni, dove i colori disegnavano motivi geometrici e palmette alternate a fiori di loto.
La cornice della parte superiore del tempio era adornata anche da finte grondaie a testa di leone in terracotta, con criniere e fauci aperte rosso fuoco e gli occhi allungati. Ancora oggi, aguzzando bene la vista, si riescono a vedere le tracce dell’intonaco e della pittura.
Meno di un secolo dopo, intorno al 500 a.C., dall’altra parte della città iniziarono i lavori per la costruzione del tempio dedicato ad Athena. Qui si veniva a rendere omaggio alla dea prima di ogni battaglia o si tornava a renderle grazie dopo ogni vittoria. Gli scudi e le armi non più utilizzabili venivano appesi alle pareti del tempio come tanti ex-voto. Durante gli scavi, gli archeologi hanno trovato le punte di giavellotti e piccole lance in bronzo ed in ferro.
Infine, qualche decennio dopo, intorno al 450 a.C., iniziarono i lavori per la costruzione del tempio di Nettuno, il più grande e maestoso, lungo circa sessanta metri, largo ventiquattro ed alto diciotto, come un edificio a sei piani.
Riuscire a costruirlo fu un lavoro titanico: i blocchi di travertino necessari furono estratti da una cava, sbozzati e portati fin qui a bordo di carri trainati da buoi. Qui, dopo i ritocchi degli scalpellini, venivano issati l’uno sopra l’altro con gru e pulegge e forse addirittura grazie all’uso di piani inclinati, costruiti apposta.
I vari pezzi non erano cementati tra di loro ma fissati con un abile e preciso gioco di incastri che permetteva alla struttura di restare elastica e resistente anche in caso di terremoti.
Come gli altri templi, aveva un tetto fatto di grosse tegole fissate a lunghe travature di legno; il pavimento è posto su un piano rialzato per sottolineare la distanza tra il terreno ed il divino.
Bastano pochi gradini per adentrarsi tra le file di colonne ad ordini sovrapposti, che sono talmente maestose che alla loro vista ci sentiamo tanto piccoli quanto estasiati.
Nel cuore del tempio c’è un altro piano rialzato: era il naos, una cella circondata da mura e chiusa da un pesante portone che conteneva la statua della divinità, illuminata dalla luce fumosa e tremolante dei bracieri. Nessuno poteva accedervi; i riti si tenevano all’aperto e solo in occasione di particolari cerimonie il portone della cella veniva aperto per permettere alla divinità di assistere.
Dopo più di venti secoli, guerre, terremoti ed abbandoni, i tre templi sono ancora in piedi e richiamano visitatori da tutto il mondo.
Intorno a loro si sviluppò una città, conquistata prima dai Lucani e poi dai Romani, che ripavimentarono le strade, riorganizzarono gli spazi attorno alla piazza del foro e chiamarono la città Paestum. I resti di negozi e taverne , le terme, un anfiteatro, un quartiere residenziale ed i mosaici sono ancora lì a testimoniare la sua passata grandezza e le possenti mura difensive la circondano ancora per quasi cinque chilometri.
Poi la caduta dell’impero romano, le invasioni barbariche, il progressivo impaludamento della zona e le incursioni dei pirati saraceni spinsero la popolazione a fuggire e Paestum divenne una città fantasma, avvolta nel silenzio, caduta nell’oblio per secoli. Terra e vegetazione rivestirono il sito, dal quale emergevano ancora i tre templi greci, “sperduti in campi erbosi fioriti di papaveri” e tra i quali pascolavano “le grandi mandrie delle bufale brade, nere e dagli occhi spiritati.”.
Così li vide Goethe, impegnato nel suo Grand Tour in Italia, e li disegnò nei suoi appunti di viaggio. Così li ritrasse nelle sue celebri incisioni Giovanni Battista Piranesi.
Così li ricordava ancora Guido Piovene, che li descrisse nel suo “Viaggio in Italia” con parole toccanti che non posso che condividere.
“A noi che non siamo archeologi, Paestum parla soprattutto per i tre templi solitari, specie per quello di Nettuno, ch’è il più grande, bello ed intero. Più antico del Partenone, più pesante di esso, di una pesantezza arcaica che fa per me parte del suo splendore, questo perfetto tempio dorico rivela accorgimenti architettonici sapienti[…]. La bellezza del tempio è quella delle opere d’arte e insieme delle opere naturali. Le sue colonne, tra le quali si scorgono inquadrati ora i monti, ora il mare, sono corrose, tutte a buchi come la pietra degli scogli; […]. Vi fanno nido i corvi, dalle cornici pendono le bocche di leone. Il colore delle colonne è un meraviglioso giallo ocra, che diventa rosso al tramonto; perciò è tradizionale vedere Paestum a quell’ora. Per me non è meno bella il mattino, quando la pietra è tutta viva di riflessi dorati. Ma i templi di Paestum non possono essere oggetto di una visita frettolosa. Bisogna andarci e ritornarvi, vederli in tutte le ore e in tutte le luci.”
Città Capaccio Paestum
Provincia Salerno
Regione Campania
Coordinate GPS 40°25′12″N 15°00′20″E
Come arrivare
In auto: da Salerno. Dalla tangenziale di Salerno prendere la strada litoranea SP175 in direzione sud fino a Capaccio-Paestum per una cinquantina di minuti; gli scavi sono ben segnalati.
In treno: Stazione ferroviaria di Paestum.
Cosa visitare nei dintorni
– Agropoli (SA)
– Teggiano (SA)
– la Certosa di Padula (SA)
– Castellabate (SA)
– Palinuro (SA)
– Salerno ed il castello di Arechi II
– Muro Lucano (PZ)Per saperne di più
È possibile trovare tutte le informazioni relative al PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM & VELIA sul sito: https://www.museopaestum.beniculturali.it/il-parco-archeologico/.
In “Viaggio in Italia”, pubblicato nel 1954, Guido Piovene descrive sentitamente il sito di Paestum, che aveva visitato anche prima dell’inizio degli scavi. Se vuoi riscoprire le ambientazioni dei saggi o romanzi che potresti aver letto, non perderti gli articoli raccolti in questa sezione:
– https://www.travel-experience.it/category/romanzi/Nel 1998 Paestum è stata dichiarata “Patrimonio dell’Umanità” dall’UNCESCO insieme al Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano con i siti archeologici di Velia e la Certosa di Padula. Se ti appassionano i siti UNESCO italiani, potrebbero interessarti anche gli articoli raccolti nella sezione dedicata:
– https://www.travel-experience.it/category/unesco/Il PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM & VELIA è uno dei siti archeologici più importanti e meglio conservati; se l’argomento ti affascina, trattano di questa tema gli articoli raccolti nella sezione:
– https://www.travel-experience.it/category/archeo/Il 30 marzo 1978 a Paestum è stato dedicato uno dei francobolli della Serie Turismo, V edizione, del valore facciale di 600 Lire.
Se cerchi i luoghi italiani immortalati nel celebre ciclo filatelico emesso a partire dal 1974, ne troverai molti nella sezione dedicata:
– https://www.travel-experience.it/category/i-luoghi-della-filatelia/
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